Federagenti: “l’Italia riscopra il mare l’unico vero green deal del paese”

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J’accuse del Presidente degli agenti marittimi, Alessandro Santi, alle politiche di pseudo sostenibilità ambientale che ignorano e limitano la principale risorsa del Paese.

 

Il World Economic Forum ha in questi giorni pubblicato il suo report 2022 identificando come primo fattore di rischio per l’economia mondiale nei prossimi 10 anni il mancato raggiungimento degli obiettivi globali sull’ambiente.

 

Roma, 21 gennaio 2022 - “Nulla di più evidente – afferma Alessandro Santi, Presidente della Federazione italiana degli agenti marittimi (Federagenti) – purtroppo non solo per la complessità degli obiettivi stessi, ma anche a causa degli intrecci geopolitici a cui tali obiettivi sono fatalmente interconnessi. Le legittime posizioni ambientaliste, che hanno avuto il merito di portare il green deal al primo punto di attenzione dei governi del mondo, sono purtroppo diventate spesso una spinta per azioni politiche disattente alla sostanza e appunto guidate da facili populismi o consensi. E ciò sta purtroppo accadendo in Italia per quella che è la principale e più concreta “risorsa” nella quale attuare politiche serie di transizione ecologica: il mare”.

Questo il senso del vero e proprio j’accuse che Santi rivolge oggi alle Istituzioni italiane, che – come era ampiamente prevedibile – hanno compiuto, in buona compagnia con gli altri Paesi europei, una brusca retromarcia in materia di gas naturale (non disponibile), di combustibili fossili (da riutilizzare) e persino di energia nucleare. “E il Governo italiano  – sottolinea Santi – da un lato si è fatto del green deal un cavallo di battaglia, mettendo in campo un Ministero della transizione ecologica, un Ministero dei trasporti divenuti (e l’aggettivo in questo caso è sostanziale) ‘sostenibili’ e, da qualche giorno, anche un Ministro Plenipotenziario, inviato speciale per il cambiamento climatico in comproprietà tra esteri e transizione ecologica; dall’altro – come Federagenti aveva già evidenziato nella sua assemblea generale di ottobre – si è ignorato che la risposta a gran parte dei problemi di transizione ecologica e di eco-sostenibilità potrebbero essere trovati nel mare, diventato invece per il nostro Paese un vero e proprio convitato di pietra”.

Secondo il Presidente di Federagenti significa “investire coerentemente e non per slogan, in portualità e logistica ponendo i porti del Paese nella condizione di competere a livello internazionale, consentendo di effettuare i dragaggi dei fondali senza i quali prima o poi i principali scali marittimi risulteranno, all’insegna di un ambientalismo miope, impraticabili per gran parte delle navi che rischieranno in tempi più brevi di quanto si pensi, di arenarsi”.  “È forse il caso di ricordare – prosegue Santi – che oggi le grandi navi container oceaniche approdano nei porti del nord affrontando più giorni di navigazione marittima passando sotto il nostro tacco e uscendo via Gibilterra, e la merce trasportata subisce un successivo trasporto terrestre verso sud; tutto questo invece di utilizzare i porti del nord Italia il che significa centinaia di migliaia di tonnellate di combustibile fossile sprecato e conseguenti emissioni di gas nell’ambiente”.

Per Federagenti le scelte non sono più rinviabili: occorre riappropriarsi delle risorse del mare, a partire, ad esempio, dalle fonti energetiche che sono celate sotto il mare, ma anche quelle rinnovabili, che possono rappresentare una forma di indipendenza e autosufficienza, almeno parziale, per il nostro paese e le nostre aziende. Volgiamo lo sguardo a Sud e controlliamo il nostro mare: i paesi del nord Africa sono produttori di gas naturale e saranno grandi produttori di fonti energetiche rinnovabili strategiche. “L’Italia – conclude Alessandro Santi – si trova nella posizione migliore di collegamento attraverso il mare con il continente africano, sia marittimo che fisico sotto forma di pipeline o di cavi sottomarini; trasformiamo i nostri porti in hub energetici, nodi delle future smart grid energetiche. Proprio perché non c’è un Planet B e per garantire la necessaria transizione ecologica, ricominciamo a fare rinnovate scelte che negli ultimi anni un miope ambientalismo ci ha negato di poter fare”.

 

 

 

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